Nella convulsa sovrapposizione di dichiarazioni, proposte, comunicati e via di seguito probabilmente è sfuggito un particolare che a nostro giudizio è importante: per il Tribunale sono stati completamente disattesi i significativi appelli di ben due Vescovi, Mons. Domenico Cornacchia e Mons. Michele Castoro, che presidiano altrettante importantissime Diocesi, come la Lucera-Troia e la Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo. Beninteso, non vogliamo sostenere l’assunto che la Chiesa debba impicciarsi nelle faccende civili, che debba sussistere, come dire?, un interesse religioso negli affari civili, per parafrasare un reato del codice penale, ma soltanto che in questi casi non si può ignorare la presa di posizione di due figure, che attraverso la Chiesa, integrano ogni giorno l’intervento stesso delle istituzioni locali, soprattutto attraverso opere caritatevoli, di solidarietà, di sussidiarietà, di missionarietà. Inoltre, si tratta di soggetti che sono a contatto diretto, stretto con le necessità delle popolazioni, il cui ambito talvolta coincide territorialmente con quello diocesano. Non solo. I sue Pastori della Chiesa di Capitanata si sono battuti per questioni davvero nobili, come può essere quello del mantenimento del Tribunale, che assolve a richieste di Giustizia in territori particolarmente difficili come quello garganico e, nello stesso tempo, ad una presenza di deterrenza per il mantenimento l’ordine pubblico. La presenza del Tribunale stimola maggiormente le Forze dell’Ordine ad operare con più determinazione e spirito di sacrificio, dato che l’input delle indagini avviene a più stretto contatto con gli organi inquirenti. Inoltre, la chiusura del presidio giudiziario potrebbe anche portare ad un ridimensionamento dalle nostre parti della presenza di carabinieri, polizia e della finanza.
Dunque, l’appello di due Vescovi non era per nulla strumentale, ma prendeva in considerazione uno stato di necessità obiettivo, al di là dello spirito campanilistico. Va anche detto che la Chiesa difficilmente si butta in queste dispute, per cui quando lo fa vuol dire che davvero ci sono valori e necessità non negoziabili anche dal punto di vista civile. Mons. Cornacchia è andato anche al di là, perché si è trovato sulla strada anche la questione dell’ospedale, che tocca un lato debole della sanità, quella sanità dei poveri, per intenderci, perché i ricchi vanno a farsi curare nelle cliniche importanti o all’estero. E la Chiesa non poteva tacere dinanzi ad un proposito di smantellamento del nosocomio, che dalle nostre parti è anche l’emblema di altre difficoltà e sofferenze e rappresenta veramente una struttura non rinunciabile anche dal punto di vista sociale. Mons. Cornacchia ha rivolto anche per l’ospedale un accorato appello, che ha trasferito addirittura nelle cerimonie liturgiche che hanno contrassegnato le feste patronali.
Anche nella novena si è pregato per il mantenimento dell’ospedale e del Tribunale, una preghiera accompagnata da altri segni particolari, quali lo scandire a morto delle campane delle chiese. Quello che vogliamo dire che è molto grave che neppure gli appelli dei Vescovi sono stati tenuti in considerazione dai “professori”di di Roma e questo è un fatto obiettivamente grave. Non che si intendano sottovalutare altri appelli, ma si sa che quelli della Chiesa, in uno Stato di cattolici, hanno sempre un valore particolare, perché è indubitabile che in questi casi sono a sostenere e a fiancheggiare le parti più deboli delle nostre popolazioni. Non potrebbe essere diversamente, dato lo spirito di fondo che anima i suoi ministri prima richiamati. I “professori” romani hanno ignorato, tracimato tutto, infischiandosi anche del saper vivere e di quelle norme, che attraverso il Concordato, regolano i rapporti tra gli organi statuali e la Chiesa. Dunque, un sonoro, irriverente schiaffo anche ai due nostri Vescovi.
a.d.m.