Eventi lodevoli e di qualità si moltiplicano, ma l’assenza di visione amministrativa e di senso civico rischia di vanificare ogni sforzo.
- A Lucera negli ultimi anni si registra un fermento culturale che non può essere ignorato. Mostre, rassegne, concerti, presentazioni di libri, festival e iniziative di vario genere hanno restituito vivacità a una città che, almeno sul piano delle proposte culturali, sembra non voler rimanere ai margini. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di appuntamenti lodevoli, organizzati con passione e professionalità, capaci di attrarre pubblico e di offrire occasioni genuine di crescita. Non si può negare che, in termini di qualità e impegno, il panorama culturale lucerino sia oggi tra i più ricchi della Capitanata.
Eppure, dietro questa superficie dinamica, si nasconde una contraddizione che rischia di vanificare lo sforzo di tanti. Le attività culturali, pur brillanti e apprezzabili, sembrano spesso galleggiare in un contesto che non cambia. È qui che torna alla mente la definizione ironica della filosofia secondo i suoi detrattori: “quella cosa per la quale e senza la quale il mondo rimane tale e quale”. Perché a Lucera la cultura c’è, ma ciò che manca è la capacità di trasformarla in volano di crescita sociale, civile e amministrativa.
Le istituzioni locali appaiono troppo spesso latitanti, incapaci di offrire una visione strategica che valorizzi le energie esistenti e che traduca le occasioni culturali in sviluppo reale, in servizi, in politiche di lungo respiro. Allo stesso tempo, il senso civico dei cittadini procede a corrente alternata: grande partecipazione agli eventi, entusiasmo davanti alle proposte, ma scarso coinvolgimento quando si tratta di custodire i beni comuni, pretendere decoro urbano, esercitare quella responsabilità diffusa che è il fondamento di una comunità viva.
Il rischio è che Lucera diventi un palcoscenico effimero, capace di ospitare spettacoli e iniziative di livello, ma destinato a rimanere immobile appena si spengono i riflettori. Una città che produce cultura, ma non ne fa strumento di cambiamento. Una città che brilla per iniziativa dei singoli, ma che non riesce a tradurre quell’energia in un progetto collettivo.
Ed è proprio qui che si gioca la sfida dei prossimi anni: trasformare la cultura da semplice offerta di intrattenimento o di consumo intellettuale in leva di cittadinanza attiva e di crescita condivisa. Perché senza una comunità che la sostiene e senza amministratori che la orientano, anche la cultura più raffinata rischia di diventare un esercizio sterile, nobile ma inconcludente.