Ben tre eccellenze rischiano di finire al macero: Cardiologia, Ortopedia e Oncologia. Perché sono definite eccellenze? Perché hanno svolto un lavoro superiore alla media, ponendosi ai primi posti per qualità di assistenza, per valore dei medici e per un contesto all’interno del quale l’ammalato si ritiene pienamente soddisfatto, pur soffrendo una condizione psicologica precaria, che è, ovviamente, la condizione di un qualsiasi soggetto affetto da patologie. Insomma, è come quando un alunno o un dipendente viene premiato con un eccellente sulla pagella o attraverso le note caratteristiche. E’ il massimo del riconoscimento. Fatta la premessa, si evince come sia paradossale l’intenzione dei soloni della sanità pugliese di trasferire altrove queste eccellenze, che meriterebbero un solenne e pubblico riconoscimento per il lavoro svolto, in un quadro in cui si parla più di malasanità che di altro. Beninteso, non è che gli altri reparti abbiamo demeritato. Tutt’altro. Pensiamo al fatto che ben duemila foggiani si sono fatti ricoverare a Lucera, eludendo il nosocomio foggiano non proprio definibile eccellente, con tutto il rispetto che si deve al confratello del capoluogo. I buoni amministratori, sia nel pubblico che nel privato, mirano a rafforzare i presidi che vanno bene, anziché pensare di trasferirli e di rischiare di disperdere in itinere il patrimonio acquisito e radicato dopo anni di buona condotta. Alla Regione Puglia vogliono a tutti i costi rompersi la testa (che è poi la nostra e dei nostri ammalati) smantellando l’ospedale e portandosi altrove le tre nostre eccellenze, che ci vengono invidiate e che hanno avuto la certificazione delle autorità sanitarie nazionali.
Insomma, si vuole procedere alla cieca, senza pensare ai danni che si potrebbero arrecare alle comunità interessate, che vengono ricordate solo quando si devono fare le promesse elettorale. Comprendiamo Cecchino Damone, il quale se la prende con Costantino Dell’Osso ( che ha detto la verità), ma la sua presa di posizione piccata non allontana il sospetto che i tre ospedali di San Severo (il suo), Cerignola e Manfredonia procedano su un binario privilegiato per il fatto di avere in loco i padrini della politica. Va aggiunto che il “Lastaria” è stato già penalizzato con la chiusura di tre reparti: Oculistica, Otorinolaringoiatria e Pediatria, che facevano, pure loro, una bella figura. Dunque, la spoliazione viene da lontano, con la responsabilità di tutti quelli che, da destra e a sinistra, sono stati a guardare, preoccupandosi di beccarsi per uno strapuntino in Consiglio Comunale o in Giunta. Tutto questo mentre l’assessore regionale al bilancio, Michele Pelillo dichiara (“Il Corriere del Mezzogiorno” del 23maggio scorso, pag.6) che il deficit sanitario si è azzerato. Non sappiamo se la dichiarazione di Pelillo abbia un qualche fondamento (con i politici non si sa mai!), ma se così fosse vuol dire che bisognerebbe riconsiderare il problema del deficit sanitario e della conseguente decisione di abbatterlo attraverso la chiusura degli ospedali, tre dei quali sono stati già eliminati con la forza : San Marco in Lamis, Torremaggiore e Monte San Angelo. Se venisse chiuso l’ospedale lucerino avremmo davvero un crimine sanitario.
E non è una esagerazione, perché così si verrebbero ad annullare i diritti più elementari della gente, la cui salute andrebbe ad essere data in pasto alle chiacchiere di circostanza dei responsabili regionali della sanità, che diventerebbero così degli irresponsabili da cacciare, magari di notte. Non si capisce perché le popolazioni di Cerignola, San Severo e Manfredonia non possano far capo a San Giovanni Rotondo (distano pochi chilometri, con collegamenti stradali soddisfacenti), mentre per Lucera e i comuni del Subappennino prevale la logica opposta! Tutti misteri da chiarire. Le previsioni non sono buone, perché i signori della sanità regionale astutamente giocano con le parole. E di parole di muore. Attenzione: qui si ciurla nel manico.
Antonio Di Muro