- La storia del pensiero occidentale ha spesso collocato la spiritualità in un altrove, in una dimensione trascendente che sfugge al tempo e allo spazio. Ma se osserviamo attentamente, scopriamo che l’essenziale invisibile agli occhi, di cui parlava Saint-Exupéry, non si situa in un regno ultraterreno, bensì abita il mondo stesso che condividiamo, la terra e l’universo a cui apparteniamo. L’invisibile è qui: nelle idee, nelle opere, nei gesti che non si consumano nell’attimo ma che si depositano come patrimonio durevole dell’umanità.
In questo senso la "Fenomenologia dello Spirito" di Hegel ci mostra un cammino: lo Spirito non è un’entità immobile e remota, ma il divenire stesso della coscienza, il suo incarnarsi nella storia e nelle forme della cultura. Popper, con il suo “Mondo Tre”, riconosce a questa dimensione autonoma — fatta di teorie, scoperte, creazioni artistiche — una realtà che non è né puramente materiale né riducibile all’esperienza soggettiva. È lo spazio dell’invisibile umano, popolato dalle tracce che la nostra specie lascia di sé e che sopravvivono oltre la vita dei singoli individui.
La spiritualità, dunque, non coincide con un repertorio di credenze, né con un’aspirazione a mondi irreali, ma con la capacità di generare significati, valori, invenzioni, solidarietà. Gli uomini più spirituali non sono necessariamente i mistici o i religiosi, ma coloro che hanno saputo donare alla collettività un’eredità che supera il proprio tempo: i grandi statisti che hanno servito la polis con lungimiranza, gli artisti e gli uomini di cultura che hanno plasmato l’immaginario, gli imprenditori che hanno introdotto innovazioni capaci di trasformare la vita di milioni di persone, i ricercatori che hanno dischiuso nuove frontiere della conoscenza, i filosofi che hanno interrogato il senso dell’essere, i testimoni di altruismo che hanno incarnato l’etica del dono.
L’invisibile umano è dunque la sostanza spirituale della civiltà: ciò che non vediamo ma che regge, orienta e nutre la nostra convivenza. Non vi è nulla di fantasmagorico in esso, perché appartiene interamente al mondo; ma vi è tutto il mistero della creatività e della dignità dell’uomo.