Facendo un lavoro di ricerca ci siamo imbattuti, per una singolare coincidenza, tenuto conto del momento, in un articolo pubblicato da ”Il Centro” nel numero del 31 marzo 1989, a firma di Roberto Di Salvio, dal titolo: “Scongiurata la soppressione di alcuni reparti del “Lastaria”. Titolo che non ha bisogno di essere commentato in questo frangente. Questo significa che già 23 anni fa il nostro nosocomio era sulla griglia del ridimensionamento, se non della soppressione, progetto che paradossalmente si muoveva con i successi che il nosocomio riscuoteva attraverso il lavoro qualificato dei suoi operatori. Significa che l’ospedale ha sempre avuto il suo cecchino, sempre pronto a colpirlo alle spalle, pronto a ridimensionarlo. Leggendo la cronaca del 1989 si ha la sensazione di rivivere gli attuali momenti di difficoltà e di tensione, con una sola variante: il lavoro di contrasto della politica era affidato a figure che allora contavano a livello regionale e, perciò, erano direttamente i depositari delle nostre istanze, senza passare attraverso i filtri che mai riescono a rompere i muri delle decisioni di vertice. Non a caso la corrispondenza citava Roberto Paoluccci, allora potente assessore all’urbanistica, il quale si fece capofila dell’azione di contrasto, anche attraverso il coinvolgimento dei colleghi del suo partito (il PSI) e dell’assessore alla sanità, pure socialista, Corradino Marzo. Per la cronaca il Sindaco dell’epoca era Peppino Melillo della DC, a capo di un agguerrito monocolore.
Non se ne fece nulla. Anzi, si ebbe una rimodulazione dei vari reparti, con una dotazione di posti letto che all’epoca sembrò più confacente con la richiesta di ricovero. Roberto Di Salvio così significativamente concludeva: “Se non si cambia strategia fra qualche anno si rischia di perdere tutto. E allora a nulla varranno le assemblee, le proteste telegrammi, gli scioperi e gli incontri. Nessuno potrà evitare i colpi di scure.” Perché abbiamo ripreso la corrispondenza de “Il Centro”? Per riaffermare il ruolo della politica in situazioni del genere. Noi stiamo perdendo la battaglia dell’ospedale e del Tribunale perché abbiamo una classe politica che non incide in alto loco, per cui tutti i salassatori passano comodamente per Lucera. Quelli che un tempo ci rappresentavano ad alto livello sono stati mandati a casa immotivatamente, dopo aver rappresentato un baluardo per la difesa degli interessi della nostra città e del territorio subappenninico. Anche per il Tribunale potremmo raccontare la stessa storia. Pure per il presidio giudiziario ci sono state tante minacce, che negli anni sono state sventate autorevolmente da Vincenzo Russo (Ministro per le Regioni e segretario nazionale organizzativo della Dc), Costantino Dell’Osso (Sottosegretario all’Interno), senatore Mario Follieri (componente della Commissione Giustizia del Senato), senatore Severino Fallucchi e dal quel gigante dell’Ordine Forense che corrisponde al nome di Mario Prignano, che ospitò tanti dei grossi giuristi e avvocati nazionali.
C’era proprio uno spiegamento di forze politiche autorevoli, che facevano da cordone protettivo dinanzi a quanti si azzardavano a mettere mani sul Tribunale. Una sola perdita nel tempo: la Corte di Assise che, sotto silenzio, fu chiusa immotivatamente e che fece in qualche maniera contropartita rispetto alle minacce di andare oltre. Non è il solo articolo di Roberto Di Salvio a ricordarci le tante battaglie intraprese per difenderci contro gli affossatori delle nostre istituzioni. Proprio “Il Centro” ha mantenuto sempre viva l’attenzione su questi temi, non mancando di richiamare all’ordine quanti pensavano di mantenersi stando in letargo. Vanno anche ricordati i grandi quotidiani nazionali e interregionali ( “Il Tempo”, di Roma, ”Il Messaggero”di Roma”, “Il Mattino”di Napoli, “Il Roma” di Napoli ecc.) che formavano una linea di sbarramento contro tutti i tentativi di ridimensionare il ruolo di Lucera nel contesto della Capitanata. Insomma, avevamo anche una stampa diversa, più battagliera, più qualificata. Guardiamoci intorno e anche qui non è che le cose ci incoraggino a sperare in qualcosa di buono!
a.d.m.