Quando il calcio lucerino è nella bufera Lello Di Ianni è sempre pronto a scendere in campo per cercare di togliere le classiche castagne dal fuoco. L’assessore alle finanze (lucerino e provinciale), con la nervatura bianco celeste in corpo, ha incominciato a farlo già quando si è trattato di raccogliere le ceneri dell’esperienza Franco Apollo, nell’ultimo biennio avviata sulla strada del fallimento. Insomma, cambiano i tempi, ma le situazioni si ripetono con regolarità, senza mettere i successori al riparo dagli errori precedenti. Anche quest’anno Lello Di Ianni sta nel mazzo dei salvatori, ma di quelli che producono fatti e non chiacchiere. Con tutti gli impegni che ha in agenda, Di Ianni potrebbe tranquillamente mettersi alla finestra e affidarsi ad un comprensibile e giustificato disimpegno. Invece, no, lotta, si propone, si espone, ci rimette anche di tasca, ma assolutamente non vuole che il calcio scompaia dalla nostra città. Gli va dato doverosamente atto. Quest’anno l’impegno è, comunque, di partecipare al campionato di promozione, ma con un programma realistico, agile, improntato alla necessità di contenere i costi. Sarà la “Nuova Lucera Calcio” a scendere in campo, imbottita di giovani desiderosi di dare sfogo alla loro passione senza pretendere nulla di economico in cambio, se non la soddisfazione di vedere qualche loro tiro in fondo al sacco o un passaggio millimetrico finire sulla testa del compagno schierato sotto rete.
Si, ci saranno due/tre elementi più esperti per svezzare quelli che hanno anni in meno, ma nulla di più. Le difficoltà di allestire la squadra secondo i vecchi canoni hanno indotto gli attuali animatori del Lucera a fare i conti con la realtà, che parla di crisi generalizzata. Perciò, niente stipendi e solo premi partita, così come si faceva un tempo. Chi ci sta, ci sta. Parte finalmente la politica dei giovani, quella che in questo spazio è stata ripetutamente invocata per non finire soffocati dai debiti. I quali debiti hanno finito col realizzare quello che la ragione e la logica non sono riuscite a fare a tempo debito. Non solo la politica dei giovani. Pare che stia partendo anche quella collaborazione tra i club locali per realizzare quella osmosi operativa e collaborativa in grado di assicurare continuità al calcio e, nello stesso tempo, indicare spazi adeguati laddove far defluire le migliori personalità in chiave tecnica. Ci rendiamo conto che è un progetto difficile a realizzarsi, perché spesso le gelosie hanno il sopravvento. Occorre un cambio di mentalità per capire che non è rinchiudendosi nel proprio orticello che si può delineare una prospettiva di lungo corso per il calcio. Insomma, è un po’ tornare all’antico, quando l’Opera San Giuseppe dei Padri Giuseppini allevava giovanissimi campioni (calcio e oratorio) per, poi, girarli alla squadra maggiore della città. Ricordiamo, tra i tanti, quel numero dieci Bianco, mingherlino, tecnicamente molto dotato, un fuoriclasse molto simile al nazionale Roberto Baggio.
Il problema ora è credere in questa politica giovanile. Perché invocarla e proclamarla è facile, ma attuarla è difficile. Infatti, occorrono degli anni per farla radicalizzare, anche in relazione al fatto che, come detto, bisogna rivoluzionare il quadro mentale. Del resto – lo dicevamo in altre circostanze – non c’è una alternativa a questa via, come anche gli esempi che ci vengono dai vicini centri dimostrano. Ai vari livelli, non c’è squadra che ha le credenziali finanziarie per poter disputare il campionato. Tra le vittime illustri della crisi troviamo nientemeno che il Foggia e il Taranto, che pure un tempo erano dei riferimenti anche in campo nazionale. Il Sindaco di Foggia Mongielli ce l’ha messa tutta per salvare la squadra del capoluogo, ma alla fine, lui imprenditore, si è dovuto arrendere dinanzi al silenzio dei suoi colleghi operatori dell’economia.
a.d.m.


