Grave lutto nel mondo del giornalismo dauno e lucerino in particolare: ci ha lasciati il dottor Anacleto Lupo, che è stato davvero una delle figure più rappresentative del pianeta informazione e specie di quello riferito alla carta stampata. Lupo era davvero un gran maestro. E’ stato per diversi anni giornalista professionista del maggiore quotidiano pugliese, “La Gazzetta del Mezzogiorno” ed è qui che ha concluso il suo rapporto di collaborazione come capo della redazione di Foggia. Una redazione di gran talento quella di Lupo, che annoverava, tra gli altri “minori”, Franco Russo (poi divenuto direttore del giornale), Saverio Biasco (anche corrispondente della Rai) Marco Laratro e Luca Cicolella (per lo sport). E’ stata la prima redazione organica a tutti gli effetti quella del quotidiano barese, insediata all’interno dell’intarsiato palazzo dell’Acquedotto Pugliese, una redazione che ha fatto scuola, sulla cui scia si è allargato l’orizzonte giornalistico foggiano e della Capitanata in generale. Chi scrive queste note ha avuto modo di avere contatti quotidiani con questa vera fucina di giornalismo, dove il “dottore” giganteggiava per bravura, serietà, equilibrio, rispetto e pulizia morale per la notizia. Ed è stato proprio Lupo a volere la collaborazione dello scrivente, affidandogli Lucera e i centri del Subappennino come zona di competenza, in momento in cui queste aree erano emarginate nel panorama dell’informazione provinciale.
In questo contesto, è stato possibile conoscere profondamente il dottor Lupo, che guidava il manipolo dei suoi collaboratori con spirito paterno e il mestiere del giornalista di razza. Lui che non era particolarmente tagliato per la politica, era riuscito a tessere una tela di rapporti intensi e cordiali con quelli ritenuti grandi della Prima Repubblica. Sempre nel rispetto dei ruoli e al riparo dai rischi di sudditanza psicologica. Anche le redazioni erano di altri tempi. Non c’erano computer e nella migliore delle ipotesi funzionava qualche macchina elettrica della mitica Olivetti. Lupo scriveva a mano su piccoli fogli, che, uno alla volta, smistava ad un collaboratore perché riversasse il contenuto sulla macchina da scrivere. Aveva una calligrafia fittissima, che talvolta faceva impazzire il… traduttore. I suoi editoriali domenicali erano di una limpidezza inusuale, talvolta veri affreschi della realtà politica, sociale, economica e religiosa della Capitanata. E’ anche autore di vari libri, all’interno dei quali vibra tutto il suo fervido sentimento soprattutto per il mondo dell’emarginazione. Sino all’ultimo è stato sulla breccia (nonostante avesse seri problemi di vista). Proprio alcuni giorni fa ha pubblicato la sua solita recensione del lunedì sulle pagine culturali della “Gazzetta”. Insomma, quasi fino allo spegnersi si è confermato uomo da campo. Anacleto Lupo non era di Lucera. Ma in pratica lo era, non solo perché ha sposato una lucerina, ma perché la città lo aveva adottato e lui se ne sentiva orgoglioso. Grazie Anacleto per la tua lezione di vita e di professione. Alla famiglia esprimiamo le sentite condoglianze della nostra redazione.
a.d.m.