Tutte le volte che Lucera e il suo hinterland rischiano di perdere qualcosa scatta la voglia matta di passare al Molise. E’ successo altre volte e più significativamente quando si parlava della soppressione del treno sulla Lucera-Foggia. Il tema, dunque, non è nuovo, se pensiamo che già il Sindaco Biagio Di Giovine e l’assessore Giuseppe Sorda (per la parte foggiana) e l’allora potente Sottosegretario ai Trasporti Remo Sammartino (fronte molisano) diedero vita ad un movimento che sembrava potesse portare a qualche utile risultato. Soprattutto forte e determinata fu la pressione e l’incalzare del Molise, che aveva tutto l’interesse ad ampliare i suoi modesti confini, inglobando, appunto, la nostra città e i comuni del Subappennino occidentale, quelli che oggi vengono chiamati i centri dei Monti Dauni. L’iniziativa partì alla grande, se anche la stampa nazionale ritenne di inviare sul posto i suoi inviati, tra cui quel Mario Cicelyn del “Il Mattino” di Napoli, il quale firmò addirittura una documentata inchiesta sull’argomento, intervento che si protrasse per alcuni giorni. Non se ne fece nulla soprattutto per il disinteresse dei nostri parlamentari dell’epoca, che temevano di non poter più contare su un serbatoio di voti non trascurabile. I titoli dell’epoca: “ Lucera lascia la Puglia”, “Lucera tradisce la Puglia”, “Lucera vuole annettersi al Molise” e via di seguito scandirono un momento di forte interesse per un progetto che si presentava come l’occasione favorevole per disegnare il proprio futuro, attraverso una sorta di gemellaggio con i cugini confinanti del Molise.
Questo proposito finì sulle pagine dei giornali del tempo, anche quando si affacciò l’idea di far nascere una nuova regione, la Moldaunia, progetto che vide e vede in prima linea, con grande entusiasmo, l’ingegner Gennaro Amodeo, che non cessa di stimolare le Amministrazioni e gli uomini di governo e della politica locale affinché il nostro territorio trovi sbocco in un area entro cui potrebbe avere maggiori soddisfazioni. Anche questa lodevole iniziativa trova difficoltà, perché vi sono soltanto isolate prese di posizioni e non anche quella partecipazione delle istituzioni che sarebbe necessaria per tracciare un percorso formale volto ad individuare le giuste soluzioni. Dunque, si riparla di portare Lucera e il suo comprensorio subappennico nel Molise. Il progetto trova le difficoltà di sempre, con l’aggravante che oggi abbiamo una classe di amministratori di scarso peso politico, per di più titubante in ogni manifestazione, timorosa di modificare l’equilibrio del proprio orticello. Inoltre, il momento è ancor più difficile rispetto a quello di alcuni anni fa, perché allora si procedeva per allargamento ( la nuova provincia di Barletta, Andria e Trani, la BAT, è figlia di questa fase) per allargare la base del consenso, mentre oggi, a causa della crisi, si tende a restringere.
Difatti, tutta la politica si muove per tagliare o accorpare, comprese le province, che pure costituiscono un elemento fondante dell’architettura istituzionale. E, comunque, bisognerebbe abbandonare le dichiarazioni più o meno in libertà e avviarsi sulla strada della concretezza, che significa formalizzare gli atti. Bisognerebbe incominciare ad approvare all’unanimità ordini del giorno da parte di tutti i consigli comunali, documenti che esprimerebbero la volontà delle popolazione di trovarsi un’altra casa, in nome e per conto della democrazia partecipata. E per finire occorrerebbe un referendum che darebbe fisionomia giuridica al progetto, rispetto al quale gli organi decisionali sarebbero costretti a pronunciarsi in un senso o nell’altro. Data la esperienza, possiamo dire che tutto il resto appartiene al mondo delle chiacchiere, serve a creare illusioni senza sbocco, a mettere in moto emozioni in libera uscita e destinate presto a spegnersi. Né quei furbacchioni della sanità regionale si lasciano incantare dalle minacce di passare al Molise, perché quelli ne sanno una in più del diavolo quando si tratta di turlupinare la gente.
Antonio Di Muro