Il brutto, inqualificabile, episodio di cronaca, l’ennesimo, è stato registrato nella nostra Provincia solo qualche giorno fa. Una ragazzina, appena tredicenne, fatta oggetto delle bestiali attenzioni di un “branco”, materializzatosi da una social network e attraverso il quale ne aveva carpito la fiducia e l’innocenza pura dell’età. Proprio come in quei film dove si passa da una dimensione all’altra semplicemente attraversando un muro. Il branco, composto da ragazzi della stessa età è stato prontamente assicurato alla giustizia grazie al coraggio della vittima e alle capacità investigative delle Forze dell’ordine L’avvenimento merita alcune riflessioni sui pericoli ai quali vanno incontro i nostri ragazzi quando sono davanti al pc. Non è qui il caso di imbastire discussioni sul bene e il male del fenomeno dei social network, né sulle conseguenze culturali e diseducative che un abnorme utilizzo può provocare sui giovani, ancor più quando sono in fase adolescenziale. Non si può però non convenire, come, oggi, il primo gesto che un giovanissimo compie, quando finisce di pranzare, ma anche prima, è quello di accendere il computer e chattare con gli amici, o leggere i messaggi, anziché riposarsi e dar modo al cervello di “riattivarsi” in modo positivo, dopo l’impegno scolastico mattutino, per affrontare lo studio e i compiti nel pomeriggio. Letture, partitelle a pallone dopo i compiti, passeggiate con gli amici, ricerche di gruppo (come i professori ci facevano fare una volta), sono oramai poco più che un ricordo.
E’ bene, invece e al di là dell’episodio specifico, fare un discorso più ampio e provare a capire come un ragazzino, ma anche un adulto, travestito da ragazzino, è accaduto, lo vedremo, arrivi a diventare uno “squallido” adescatore, molestatore e, a volte, purtroppo, barbaro violentatore di ragazzi, di entrambi i sessi.
La realtà virtuale, lo dicono gli esperti, provoca in molti un senso di sopravvalutazione di se stessi, sicchè, stare da questa parte del pc, ci da un senso di onnipotenza e di quasi totale impunità. Si aggiunga a ciò la possibilità, con un minimo di esperienza, di potersi facilmente nascondere dietro qualsiasi nominativo e creare così un “soggetto”, una “persona” virtuale. Come in un gioco, perché parliamo sempre di ragazzini che a quella età questo dovrebbero ancora fare e per questo la loro mente è pronta, siamo dunque pronti a partire.
Una volta stabilita la falsa identità è facile cominciare a costruirsi il proprio mondo, sempre ovviamente virtuale e, nascosti dietro una tastiera, inserirsi nei vari gruppi iniziando a “piantare” il seme che porterà poi, ahimè, alle conseguenze che sono sotto i nostri occhi tutti i giorni. Il nostro “anonimo” potrà “postare” una, falsa, foto, da lasciare di stucco le interlocutrici; vantarsi di avere lo scooter più nuovo della città oppure di essere un campioncino di qualsiasi sport ( magari, per fare presa, proprio di quello di cui va’ matta la “vittima” predestinata). Di avere grandi possibilità economiche ecc. E non è detto che il “falso” debba essere per forza un coetaneo della vittima. Non più tardi di qualche settimana fa una mamma , in TV, ha raccontato l’allucinante storia di sua figlia vittima, attraverso lo stesso sistema che stiamo raccontando, di un uomo ( si sarebbe scoperto poi trattasi addirittura di un parente, per di più appartenente alle forze dell’ordine!) che la molestava sessualmente (utilizzando la webcam) e che solo grazie al coraggio e alla invasione della “presunta” privacy della mamma sul pc della figlia è riuscita a portare alla luce. Poniamo ora, che dietro un’altra tastiera ci siano tanti ragazzini, tutti potenziali vittime e che non tutte siano disincantati, maturi abbastanza da fiutare il pericolo e, tra di essi¸ qualcuno, in assoluta e innocente buona fede, caschi nella rete e cominci a diventare amico del “nulla” virtuale, ma di un grande pericolo reale.
L’amicizia è nata; l’esca ha funzionato. Si tratterà di prendere il primo appuntamento, con il cuore che già batte a mille nell’attesa di conoscere l’amico bello e che sa fare tante cose.
Il primo appuntamento! Troppo tardi. Se è un gioco allora “Game Over” non si può più tornare indietro; la partita è finita. Chi perde siamo tutti: Tutta la società. Scuola, genitori, politica, psicologi, educatori, tutti coloro che dovevano capire ed hanno il dovere di capire che questo imponente fenomeno di comunicazione del nuovo millennio, andava messo in sicurezza nel momento in cui ad utilizzarlo fossero dei poco più che bambini. E i sistemi non mancherebbero; uno per esempio sarebbe quello di bloccare, casualmente, di tanto in tanto, l’accesso per tutti coloro che si registrano con una data di nascita tale da far evidenziare la minire età, permettendone il riutilizzo solo dietro una conferma del genitore, anch’esso preventivamente registrato. E vi prego! Non parliamo di privacy o parole che di fronte ai figli e nipoti di chiunque di noi sono prive di senso. Un genitore ha il diritto ma, direi soprattutto il Dovere! ( con la d maiuscola) di sapere, controllare e interagire con la vita dei figli nella fase della loro formazione adolescenziale e quando sono più esposti a pericoli. Di fronte a due beni parimenti essenziali : quello del diritto alla privacy e quello della tutela dei minori, non v’è dubbio che il primo debba cedere il posto alla seconda ed essere sacrificato a vantaggio di quest’ultima. Per quasi 2000 anni lo si è fatto e tutti hanno vissuto più serenamente. Continuiamo a fare in modo che “Il Primo Appuntamento” sia quello davvero più romantico ed atteso della propria vita.
Dr Salvatore AIEZZA