In questi giorni ci apprestiamo a ricordare solennemente le migliaia di caduti, feriti e dispersi a causa dei bombardamenti anglo-americani del Secondo Conflitto Mondiale, per i quali la nostra città (Foggia ndr.) ha pagato - per colpe non sue - un prezzo altissimo, immolando migliaia di concittadini sull’altare della liberazione dal tedesco oppressore e dal regime fascista.
Seppure Foggia, come il resto dell’Italia centro-meridionale, venne interessata dai bombardamenti solo tra la primavera e l’estate del 1943, occorre dire che la nostra penisola e in particolare il Nord Italia, ove erano situate le più importanti industrie del Paese, venne presa d’assalto dai bombardieri anglo-americani già subito dopo la dichiarazione di guerra del giugno 1940. Non per altro l’Italia, com’è noto, veniva ritenuta (ufficialmente, come dimostrano le note e gli scambi di corrispondenza tra i vertici militari e politici inglesi) il “ventre molle” dell’Asse, il “partner debole” per cui una continua e pressante azione di bombardamento poteva avere lo sperato risultato, per i futuri alleati, di portare il nostro Paese fuori dalla guerra.
Nel corso dei cinque anni di guerra, i bombardamenti, specie quelli inglesi, furono pertanto “regolari” e rivolti contro le grandi industrie meccaniche, depositi di carburanti e raffinerie, e le grandi linee di comunicazione. Per gli stessi motivi “strategici” vennero bombardati, sin dalla fine del 1940, i più importanti porti del Sud Italia, tra i quali quelli di Palermo, Taranto e Bari.
Le incursioni aeree e i bombardamenti spesso, però, non ottenevano, o non l’ottenevano del tutto, il risultato programmato e quasi sempre procuravano numerosi morti tra la popolazione civile. Questo aspetto sarà, purtroppo, molto più evidente nel 1943 quando si intensificarono i bombardamenti e il numero dei civili colpiti sarà drasticamente più alto. Anzi, spesso, l’attacco alla popolazione civile, la paura dei bombardamenti, l’impossibilità di difendersi - come il caso di Foggia dimostra - divennero un mezzo di “persuasione”, pianificato dai vertici militari, insieme a quello “psicologico”, del quale parlerò in seguito.
Ciò aveva lo scopo di convincere gli italiani ad una “impossibile” rivoluzione, attese le disastrose condizioni nelle quali il popolo si trovava; del resto questa “strategia” difficilmente avrebbe potuto dar luogo a una qualche organizzazione capace di attuare un “golpe” contro il Governo di Mussolini o tessere una qualche resistenza contro le truppe tedesche. L’unico effetto di notevoli dimensioni che, invece, la strategia dei bombardamenti produsse, fu quello di svuotare città e paesi, con lo sfollamento di migliaia di persone verso luoghi ritenuti più sicuri. La Storia ci ha consegnato le immagini di città fantasma, distrutte e disseminate di morte, colonne di persone che con ogni mezzo si muovevano lungo strade e tratturi: nella maggior parte dei casi il solo risultato tangibile dei piani dei futuri alleati…
E che gli italiani avessero bisogno, oltre che delle bombe, di una “forte” azione di propaganda tesa a far leva sulle ridotte capacità di resistenza psicologica, era convinzione della politica britannica ancor più di quella americana. Indebolire la resistenza psicologica degli italiani, facendoli vivere sotto il cono di una continua paura, divenne quasi un imperativo per gli strateghi militari. Sin dalla fine del 1940 e negli anni successivi, quest’opera di propaganda venne attuata gradatamente, intensificandosi fino a per diventare, nel 1943, una vera e propria persecuzione.
“Radio Londra” e il volantinaggio sistematico e continuo prima e dopo ogni bombardamento, divennero una forma di comunicazione “stabile” con i civili italiani, ma anche, si sperava, a beneficio di militari e soldati. In quasi tutti i volantini era esplicito l’invito agli italiani perché si ribellassero al nemico (Germania e Fascismo), colpevole di quanto sarebbe accaduto, attraverso gli inevitabili bombardamenti con la conseguente causa di morti e distruzioni; quei volantini intendevano anche persuadere i civili a prendere atto che la guerra sarebbe stata persa e, con ciò, sembravano quasi “scusarsi” per le bombe che avrebbero lanciato per il futuro bene degli italiani.
Spesso si cercava di far presa sul carattere più debole delle donne e sulla loro situazione di forte disagio nell’avere lontani - proprio a causa della guerra - mariti, padri e figli. Gli americani, dal canto loro, usavano un linguaggio più “moderato” e meno teso a intimorire la popolazione civile, cercando, piuttosto, di renderla partecipativa all’idea di una eventuale e futura pace. Del resto anche durante i bombardamenti gli americani erano, o almeno cercavano di esserlo, più “tecnici” degli inglesi: bombardavano, in genere, solo di giorno e con strumenti di puntamento che, nelle intenzioni, avrebbero dovuto limitare i danni.
L’equazione ”rivolta contro il regime-fine dei bombardamenti e della guerra”, com’è tristemente noto, non riuscì e la “propaganda” sistematica, attuata da inglesi e americani, venne fortemente criticata da molti storici e antifascisti, tra i quali Gaetano Salvemini e Marie Louise Berneri (figlia dell’anarchico Camillo Berneri), che giudicarono un insulto e una follia quei metodi di persuasione e di incitamento alla rivolta, ben sapendo la natura e le condizioni del popolo italiano.
Anche Foggia non si sottrasse a tale opera di “persuasione” e venne invasa da volantini del nemico - poi diventato il futuro alleato! - che inneggiavano alla ribellione contro l’allora alleato italiano, cioè il regime nazista di Hitler.
L’unico effetto che la propaganda produsse su una popolazione ridotta alla miseria da anni di guerra e stremata da sacrifici fu quello di accelerare la partenza di centinaia di nuclei familiari dalla città verso il Subappennino, il Gargano, il Basso Tavoliere e altri luoghi più sicuri, per sfuggire a quello che, di li a qualche giorno - il 28 maggio del 1943 e sino a settembre inoltrato - sarebbe stato l’inizio del periodo più nero e atroce della Seconda Guerra Mondiale per la città di Foggia, con una ecatombe fatta di morte e distruzione quasi totale.