“Donato Menichella (1896-1984). Silenzioso servitore dello Stato. Banchiere centrale vincitore di un Oscar per la moneta” è il titolo del quarto appuntamento del ciclo di incontri “Personalità Capitali”, inteso a ricordare e far conoscere, nell’anno in cui Lucera è capitale regionale della cultura, uomini illustri originari di Lucera e dei Monti dauni, in programma al Circolo Unione di Lucera venerdì 7 novembre alle ore 18.30.
A parlare del Governatore del “miracolo economico” italiano, del ruolo che egli ebbe nello sviluppo economico del Paese e dell’attualità dei suoi insegnamenti nella comprensione delle sfide economiche e istituzionali dell’Italia contemporanea, dopo gli indirizzi di saluto del Presidente del Circolo Silvio Di Pasqua, del Sindaco di Biccari Antonio Beatrice e del moderatore dell’incontro, Massimiliano Monaco, che introdurrà e coordinerà la serata, sarà Pier Tommaso Trastulli. Il dott. Trastulli è consulente finanziario iscritto all’Albo e socio del Comitato di Foggia dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano ed è autore, insieme a Fabrizio Pirolli, col quale dal 2021 pubblica contributi mensili di educazione finanziaria su autorevoli riviste di settore, del recente volume: L’era della (dis)educazione finanziaria. Una sfida per individui, istituzioni, intermediari (Guerini Next, 2025).
L’iniziativa del 7 novembre rientra altresì nell’ottava edizione del Mese dell’Educazione Finanziaria, promossa dal Comitato interministeriale per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria (Edufin) che ha lo scopo di promuovere programmi utili a diffondere tra la popolazione la conoscenza e le competenze finanziarie, assicurative e previdenziali per migliorare la capacità degli italiani di fare scelte coerenti con i propri obiettivi e le proprie condizioni.
Donato Menichella (Biccari, 23.1.1896 - Roma, 23.7.1984) «è stato forse il più grande servitore che lo Stato italiano abbia mai avuto» (Giovanni Farese), ma anche il più schivo e taciturno, che amava ripetere che «la ricchezza di un paese è nelle sue conoscenze». Personalità indipendente da ogni forma di pressioni, combatté in nome di un’Italia diversa e migliore, un’Italia che ricordandolo, e riflettendo sul valore della buona amministrazione, della competenza e della moralità nella gestione della cosa pubblica, può ancora sperare in un progresso civile ed economico.
Figlio di un imprenditore agricolo, dopo aver conseguito la licenza media al Real Collegio Ruggero Bonghi di Lucera, il diploma di Ragioneria all’Istituto tecnico Pietro Giannone di Foggia e la laurea in Scienze Sociali all’Istituto Cesare Alfieri di Firenze, e dopo essere stato ufficiale di Artiglieria in Albania durante la prima guerra mondiale, Menichella divenne uno dei principali protagonisti della storia economica italiana del Novecento, distinguendosi per competenza, sobrietà e integrità morale.
La sua carriera fu contraddistinta da un profondo senso del dovere e da una concezione etica dell’economia come strumento di progresso civile. Fu il primo direttore generale dell’IRI dal 1933 al 1944, l’Istituto per la ricostruzione industriale che non fece mai parte del sistema corporativo fascista e che traeva origine dai salvataggi bancari effettuati a partire dal 1922, soprattutto dopo la profonda caduta dei valori succeduta alla crisi del 1929 e l’estensore della Legge bancaria del 1936, detta anche la “Riforma Menichella”, il cui impianto è durato più di mezzo secolo, fino al 1993, quando il venir meno del principio di separazione tra finanza e produzione, la privatizzazione delle grandi banche e l’avvento di un’economia liquida e globalizzata, dominata da poteri trasversali che sovrastano quelli delle stesse nazioni, ha iniziato a segnare in maniera decisiva il nostro tempo.
Accanto al risanamento bancario degli Anni Trenta, nel Dopoguerra (va ricordato che Menichella aveva nell’ombra agito a favore della Resistenza, correndo gravi rischi personali) nel suo ruolo di Governatore della Banca d’Italia, dal 1948 al 1960, caratterizzato da una gestione oculata della politica monetaria e creditizia, unitamente ad un favore per le banche popolari e le casse di risparmio, egli favorì la ricostruzione e la ripresa economica che portò il Paese da una condizione di povertà e arretratezza ad uno sviluppo produttivo e occupazionale senza precedenti. Contestualmente la lira italiana, dopo la fissazione della parità secondo le disposizioni statutarie del Fondo Monetario Internazionale, guadagnava nel 1960 l’Oscar del Financial Times quale miglior valuta al mondo per l’anno 1959 (star currency of the year) ed egli stesso, nel 1961, il riconoscimento di Banchiere di maggior successo al mondo (most successful central banker) per l’anno 1960.
Un grande storico dell’economia, Marcello De Cecco, scrisse che Menichella era dominato da «una statolatria risorgimentale ereditata da Silvio Spaventa, per la quale tutto deve essere sacrificato per mantenere in vita una creatura, l’Italia», ossia da un senso dello Stato di cui si è perso oggi perfino il ricordo.
Strenuo sostenitore della stabilità finanziaria posta a fondamento della crescita duratura e del principio che il benessere economico deve accompagnarsi al progresso sociale, in modo da ridurre le disuguaglianze e favorire l’equità e la coesione nazionale, Menichella fu anche l’ideatore di un forte intervento pubblico nelle regioni meridionali attuato attraverso agenzie di sviluppo infrastrutturale e produttivo che avevano l’obiettivo di porre le basi dell’industrializzazione. Tra queste la SVIMEZ (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, della quale Menichella fu tra i fondatori), organismo di alta valenza scientifica e finanziaria che dal 1946 pose con forza nel dibattito pubblico il problema dell’industrializzazione del Mezzogiorno, conducendo importanti ricerche ed elaborando proposte in collaborazione con le autorità di governo e, soprattutto, la Cassa per il Mezzogiorno (istituzione unica e dal nome icastico che, al posto di tante amministrazioni, interloquiva direttamente con la Banca mondiale), della quale fu il principale ispiratore.
Fu dunque grazie a Donato Menichella, che dopo il 1960 divenne anche rappresentante dell’Italia nella Banca mondiale, se un’Italia aperta all’Europa e al mondo, con istituzioni solide e personalità all’altezza dei loro compiti, ritrovò presto il suo posto nella comunità internazionale. Non a caso nelle sue memorie, il grande economista svedese Per Jacobsson scrisse che «tre uomini hanno fatto l’Italia post-bellica: De Gasperi, Einaudi e Menichella».
Massimiliano Monaco


