Senza avere la pretesa di entrare nel merito dei fatti, la recente sentenzia assolutoria riguardante l’omicidio di Meredith Kercher a beneficio di Amanda Knox e Raffaele Sollecito dovrebbe farci riflettere molto. Ci troviamo di fronte ad un verdetto completamente diverso da quello di primo grado, che sanciva la condanna dei due rispettivamente a 26 e 25 di anni di reclusione, mentre i giudici di appello hanno decretato la loro innocenza con la formula più ampia e cioè, come si dice tecnicamente, per non aver commesso il fatto. Una discrepanza notevole di valutazione tra il prima e il secondo grado che l’opinione pubblica non comprende. Specie quando nel corso della requisitoria di appello il Pubblico Ministero ha chiesto l’ergastolo “solo perché da noi non esiste la pena di morte”. Dichiarazione forte che, sempre nella pubblica opinione, ha confermato la propensione a credere che ci fossero veramente gli estremi per poter parlare di due assassini. Non è facile spiegare e spiegarsi come dinanzi agli stessi elementi processuali vi possano essere valutazioni e conclusioni così diverse. Si potrebbe comprendere una distanza ravvicinata tra i verdetti di primo e secondo grado, magari con il riconoscimento di alcune attenuanti che in genere addolciscono la pena. Passare, però, dall’ergastolo al nulla, azzerando clamorosamente le risultanze del primo grado è molto difficile comprendere sul piano della logica, anche se in chiave di diritto è ritenuto possibile, normale. Questo è un fatto clamoroso, per cui alcune apparenti distonie nelle conclusioni vengono portare con maggiore attenzione alla considerazione del grosso pubblico.
Vi sono tanti altri processi cosiddetti minori che si concliudono ” per non aver commesso il fatto”, “perché il fatto non sussiste”, ovvero “perché il fatto non è di rilevanza penale” e via di seguito, dopo che i soggetti incriminati sono finiti nel tritacarne mediatico o addirittura in galera anche per alcuni anni. Non si comprende come un fatto possa essere nero per gli inquirenti di accusa e bianco per i giudici di sentenza! Se il fatto non sussiste come si è potuto incriminare qualcuno? Si ha la sensazione che troppe volte le indagini non vengano svolte con il rigore del caso, benché oggi ci sia il supporto di mezzi tecnici moderni che,però, dovrebbero solo integrare il consueto lavoro di fondo delle indagini preliminari delle forze dell’ordine. Molte volte le risultanze tecniche sono più di intralcio che altro, come nel caso del processo Kercher. Per tanti esperti del penale bisogna tornare ai tradizionali modelli di indagine, quando si cercavano le prove “scavando” all’interno stesso del possibile reato. Questo ci dice anche che vanno valutate attentamente quelle conclusioni affrettate di cui si fanno paladini i cosiddetti giustizialisti. Bisogna in ogni fase rispettare il principio garantista secondo cui si è colpevole solo dopo la sentenza definitiva di condanna. Il guaio è che si fa esattamente il contrario, specie in politica, dove l’arma del semplice avviso o di una iscrizione nel registro degli indagati diventa un’arma impropria, una clava per distruggere l’avversario. E questa non è confrontarsi lealmente, ma guerra di bande.