E’ bastato che i giornali scrivessero licenziamenti facili (esemplificazione giornalistica, evidentemente) o che qualcuno trattasse il tema per far scatenare mezzo mondo, con i sindacati in testa. Dunque, atteggiamento pregiudizialmente negativo, indipendentemente dalla sostanza del ventilato provvedimento che, comunque, è ancora allo stato delle buone intenzioni. Un provvedimento che ci è stato praticamente imposto dall’UE – insieme ad altro – e che deve essere sottoposto al passaggio parlamentare. Comunque, si tratta di un falso problema. Non è che le aziende possono tranquillamente licenziare da un giorno all’altro in base ad un loro capriccio e senza l’ombrello sindacale. Le carte dicono che solo in presenza di alcune particolari situazioni si possono fare licenziamenti, come, ad esempio, quando l’azienda si trova in grave difficoltà e a rischio chiusura. Perché se il datore di lavoro non alleggerisce i costi del personale, inevitabilmente dovrà portare i libri in Tribunale. Conseguenza? Mettere sul lastrico tutti i dipendenti. In pratica per salvare uno (o pochi) si mette a rischio il posto di lavoro di tutti gli altri. Tutto questo, beninteso, deve avvenire all’interno di norme ben definite e circoscritte, col sigillo cautelare dei sindacati. Peraltro, dicono i sostenitori dei “licenziamenti facili,” il fatto che il datore di lavoro possa avere la possibilità di sgravarsi del peso del costo del personale, può indurre ad abbandonare la pratica delle assunzioni a tempo determinato e incoraggiare quelle di segno contrario, cioè a tempo indefinito, dando finalmente una prospettiva di stabilità al mondo del lavoro.
E’ evidente che a nessuno può venire in mentre di licenziare se l’azienda va bene, produce, fa mercato e riesce a mettere da parte qualcosa sotto forma di utili. Né a qualcuno può venire in mente di privarsi del dipendente, se costui ha un buon rendimento ed è efficacemente inserito nel tessuto aziendale. E’ chiaro che – come in altri Paesi – l’EU mira a rendere flessibile il mercato del lavoro, che allo stato appare ingessato e disperso in mille rivoli dal punto di vista della connotazione delle assunzioni ( CO.CO e via cantando). In un momento di difficoltà planetaria , come quello che stiamo attraversando, dovrebbe essere interesse di tutti cercare quelle soluzioni che mettano le aziende nella condizione di rendere più elastici le componenti della struttura aziendale, per non finire fuori mercato e provocare quella disoccupazione che pure si dice di voler attenuare. Del resto, non possiamo fare diversamente, indipendentemente dal titolo che si vuole dare al tema delle assunzioni. Ce lo impone praticamente l’EU, che d’ora innanzi ci controllerà pure di notte. Fare diversamente significa mandare a picco la nave, sulla quale ci siano tutti. E’ evidente che ciascuno deve fare la propria parte ed assumersi le proprie responsabilità, perché le crisi di queste dimensioni si possono superare soltanto con una piena condivisione di propositi. Come dire che ciascuno deve rinunciare a qualcosa, come ha ben detto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.