Nei giorni scorsi ci siamo procurati l’occasione di avere sotto mano le edizioni locali di alcuni quotidiani di altre regioni, col proposito di avere una cognizione alla fonte della situazione dei Tribunali da chiudere e fare un raffronto con quanto sta accadendo dalle nostre parti. Alcuni di questi Tribunali conducono una lotta in posizione federata, nella quale troviamo anche quello di Lucera, all’insegna evidentemente del motto “l’unione fa la forza”. Nel leggere le cronache delle proteste si evince che il problema è diventato di campanile, nel senso che ciascuno tenta di difendere l’esistente, indipendentemente dalla qualità e dalla quantità del lavoro giudiziario. E questo l’ha capita l’attuale ministro di Grazia e Giustizia, Annamaria Cancellieri, che oppone in tutte le sedi di sua pertinenza il suo deciso e sferzante diniego a modificare la geografia giudiziaria, così come impostata dal suo predecessore. Era partita bene l’analisi a Lucera del comitato di protesta, che molto opportunamente ha ritenuto di impostare la sua azione di difesa rivendicando i risultati ottenuti dal distretto giudiziario lucerino, in un ambito difficilissimo per l’ordine pubblico, come ha ben sottolineato a suo tempo lo stesso Procuratore Capo della Repubblica, dottor Domenico Secchia. Sembrava quella la via migliore per staccarsi dal sospetto che si volesse fare un guerra di campanile, anziché una difesa legittima e democratica delle ragioni obiettive che vanno a vantaggio del Tribunale lucerino e delle sue sedi distaccate.
Neppure la grande tradizione del presidio lucerino è stata molto marcata, una tradizione che fa del Tribunale lucerino pure un modello di riferimento culturale, posto che qui sono passati i grossi calibri della Magistratura e della’Avvocatura italiane. In tempi di ristrettezze economiche sono discorsi che lasciano il tempo che trovano, poiché ai ministeriali interessa soltanto far quadrare le cifre, anche se talvolta la quadratura fa a pugno con l’evidenza delle cose e si può mettere pericolosamente di traverso sulla strada della tenuta sociale. Posto, dunque, che ciascuno fa del proprio Tribunale un vessillo da difendere a tutti i costi, ne consegue che il Ministero e la politica nazionale mai si azzarderanno a modificare la situazione, rifugiandosi dietro quel “vedremo in seguito”, che ha tanto il sapore di archiviare il problema, sia pure con qualche mal di pancia. Anche perché la forza politica che si esprime è talmente debole che è illusorio pensare che ci sia un ripensamento a livello nazionale. Del resto è la forza politica che ben conosciamo, che esprime solo chiacchieroni a volontà e non soggetti in grado di imporre soluzioni, anche quando la logica dovrebbe facilitare la loro azione di intervento.
In teoria, sulla carta, oggi dovremmo avere una forza d’urto impressionante dal punto di vista politico, perché a dirsi d’accorso sulla difesa del Tribunale lucerino sono d’accordo sia quelli del Pd che del PDL, i due partiti che dovrebbero fare blocco unico e imporsi energicamente in presenza dei diktat ministeriali, che sono categorici quando infantili nelle loro risposte. Se questo non accade vuol dire che la tanto richiamata volontà politica non esiste e che soprattutto i “nostri” pensano a difendere il loro posticino in Parlamento ben remunerato, anziché porsi veramente a difesa di quelle istituzioni che vengono minacchiate e cancellate. E’ dura mandarla giù, ma così stanno le cose. Del resto sono previsioni che noi di qua abbiamo abbondantemente fatto in tempi non sospetti, perché è un penoso rituale che si è già ripetuto in tante occasioni, con infausti risultati. Tanto per essere chiari!
a.d.m.