Ora che l’ex Sindaco Peppino Labbate e il potente commercialista Mario Cardillo si sono “dichiarati”, il campo elettorale assume connotazioni diverse, nel senso che si liberano consensi da una marcatura stretta, come si direbbe in gergo sportivo, per defluire in mare aperto, alla portata di tutti. In parole più semplici, i contendenti avranno ora a disposizione voti in libera uscita, che viaggiano verso approdi non identificabili preventivamente e perciò alla portata di chi prima saprà farli catalizzare sulle proprie posizioni. Non che Labbate e Cardillo debbano considerarsi del tutto estranei alla competizione politica ed elettorale, ma è indubbio che la loro diretta discesa in campo è ben altra cosa rispetto ad un comportamento che vuole essere solo di indirizzo e di largo accompagnamento a beneficio di altri. Chi uscirà, dunque, ad inserirsi nel potenziale bacino elettorale di Labbate e Cardillo avrà la possibilità di rafforzare la propria presenza e di conseguenza ottenere una posizione più forte in termini di risultati. Naturalmente è la considerazione che si può fare in questo momento, perché in politica i ripensamenti sono di casa, per cui non ci sarebbe da scandalizzarsi se uno dei due soggetti prima citati decidessero di ritirare in tempo il proposito di non schierarsi e, quindi, di scendere sul terreno di gioco direttamente.
Comunque, è una perdita per la politica locale, tenuto conto di come può essere ipotizzabile il quadro dei partecipanti, diversi dei quali sono senza arte e né parte, politicamente parlando e come si dice dalle nostre parti. Mario Cardillo poteva essere una figura appropriata, non solo per il suo curriculum professionale (commercialista accreditato e professore universitario), ma anche per la sua riconosciuta capacità di mediare, che in politica è essenziale per gestire i difficili equilibri nel settore pubblico. Inoltre, ci sarà un’altra importante area da esplorare, che è quella degli assenteisti, area che è quantificabile all’incirca intorno al 40%. Come dire che quasi la metà dell’elettorato preferisce scansare la cabine del voto, perché ritiene che sia inutile schierarsi, non solo per il discredito di cui gode la politica, ma anche per il fatto che le indicazioni elettorali possono essere modificate in corso d’opera, come dimostrano i tanti cambi di casacca che hanno contraddistinto anche la vita dell’ultima esperienza amministrativa. In questo contesto, partono certamente avvantaggiate le liste civiche, che sono quelle che maggiormente possono presentarsi immacolate e perciò capaci di drenare parte di quel dissenso, che altrimenti andrebbe a vanificarsi sulla sponda improduttiva.
Tutto questo è da inserire all’interno di un momento particolare di crisi generalizzata, che contribuisce a sconsigliare di andare a votare e partecipare ad un rito che resta solo tale e basta. Ed è per questo che quanti scenderanno in campo si dovranno presentare con proposte credibili, fattibili, senza fare quelle promesse da marinaio che non hanno alcuna possibilità di poter essere realizzate. Insomma, la gente è stufa di trovarsi sotto gli occhi lunghi elenchi di impegni ad effetto, che, però, alimentano solo il celebre libro dei sogni. I nuovi amministratori dovranno battersi per l’ordinaria amministrazione, che è quella che sta a cuore alla gente, che pretende solo che la città venga amministrata affrontando i problemi della quotidianità, dell’ordinarietà, della ovvietà. Sembrano considerazioni scontate, ma non è così perché nella pratica avviene il contrario. Insomma, promettere poche cose, fattibili, realistiche, serie, necessarie.
a.d.m.