Proseguono al Circolo Unione di Lucera gli appuntamenti periodici organizzati all’interno del ciclo di conferenze denominato “Personalità capitali” volti alla conoscenza degli uomini illustri di Lucera e dei Monti dauni. Il terzo appuntamento, in programma sabato 4 ottobre alle ore 19, è incentrato sulla figura di Gaetano Pitta, lucerino autentico, insigne giornalista, conferenziere e letterato.
A parlare del grande uomo di cultura e politico lucerino, dopo gli indirizzi di saluto di Silvio Di Pasqua, Presidente del Circolo Unione di Lucera, di Giuseppe Pitta, Sindaco di Lucera, di Francesco Barbaro, Direttore del Comitato di Foggia dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano e l’introduzione di Massimiliano Monaco, Delegato del Circolo Unione di Lucera a questa iniziativa culturale, sarà il Prof. Paolo Emilio Trastulli Appolloni Figliola, Cittadino onorario di Lucera, già docente di Storia e Filosofia nel Liceo classico “R. Bonghi”.
Nato a Lucera nel 1857, Gaetano Pitta fu uomo di cultura socialista moderata e non rivoluzionaria, che amava condurre le battaglie politiche in maniera decisa, ma pacifica e non violenta. Personalità “a nessun’altra seconda per altezza d’animo e di mente”, tollerante e concreto, ad una propensione "schiettamente popolana" Pitta associava un amore sviscerato per il luogo natio e per la sua tradizione civile; più di tutti sapeva comprendere "i pregi e i difetti" dei compaesani, dei cui bisogni si fece portavoce. Già redattore del giornale “Avanguardia”, avvertendo l'esigenza di dar voce alle rivendicazioni sociali e alle discussioni sui problemi cittadini, 19 dicembre 1897 diede vita a “il Foglietto”, settimanale di rinnovamento, del quale assunse la direzione e che con lui, nell’ottica di un progetto d’informazione non lontano da quello delle più importanti testate nazionali, divenne un valido mezzo di educazione civica, sociale, patriottica. Nella sua equilibrata, agile ed ariosa concezione democratica, “il Foglietto” accolse anche il contributo della borghesia agraria, sferzando, invece, i conservatori indolenti, che sperperavano vistose somme, mentre i gravi problemi sociali premevano e la disoccupazione imperversava.
Entrato a fa parte del PSI, fu riformista legato alle posizioni di Filippo Turati. Sedeva già nel Consiglio comunale, quando, per le elezioni politiche del 1913 fu designato come candidato, opposto al liberale Antonio Salandra. Ne raccolse solo amarezze e delusioni, in seguito alle quali lasciò la direzione del “suo” giornale. Sconfitto anche nelle successive elezioni provinciali, Pitta si sentì perseguitato e tradito dai concittadini, per i quali, invece, si era tanto prodigato, e quando anche “il Foglietto” cominciò a diventare "ricettacolo di risentimenti", profondamente deluso e amareggiato emigrò a Roma (1913), dove, allo scoppio della guerra, si impegnò sul fronte interno, con Berenini e Bissolati, dal quale fu chiamato poi al Ministero delle Pensioni di guerra (1918), ove, unanimemente apprezzato per le sue doti e per la sua cultura, lavorò fino a quando, con l’avvento del fascismo, cominciò a subire le violenze degli esagitati che ne denunciarono la formazione socialista, sicché fu privato del suo impiego. Nel secondo dopoguerra soffrì molto per la caduta dei suoi ideali (il socialismo riformista a sfondo umanitario, la dignità del dovere e del sacrificio) e sopportò fermamente le ristrettezze economiche della famiglia, per le quali fu costretto a continuare l'insegnamento privato. Si spense a 93 anni, in assoluta povertà, nel 1950.