Ci sono voluti 30 anni per avere una sentenza. Se questa è giustizia vuol dire che siamo in un Paese da terzo mondo! Attendere un così lungo tempo per avere una sentenza favorevole vuol dire distruggere moralmente l’indiziato e farlo cadere in depressione. L’informativa giudiziaria di appena qualche giorno fa ci fa sapere che l’ex Sindaco di Ascoli Satriano in provincia di Foggia, Antonio Rolla (ex Presidente dall’Amgas pure di Foggia e figura di spicco del PSDI provinciale), è stato assolto dal Tribunale di Foggia dal presunto reato di abuso di ufficio, in relazione al ruolo da lui svolto in qualità di capo dell’Amministrazione. Non si vuole entrare nel merito della vicenda già abbondantemente nota agli abitanti del centro dauno e che, comunque, ha avuto una conclusione attraverso un verdetto del Tribunale. Naturalmente le cose non finiscono qui, perché l’ex Sindaco ha già minacciato di andare oltre per portare alla luce quanti lo hanno portato ingiustamente sul banco degli imputati. Ma, in questa sede non è quello che ci interessa. Conta la lungaggine dell’iter legale, che conferma lo stato di difficoltà nel quale si trovano ad operare gli operatori di giustizia. E conferma, come dicono le più recenti statistiche ministeriali, che il Tribunale del capoluogo è intasato di procedimenti, benché il personale giudicante e non ce la mettano tutta per non finire schiacciati sotto il peso di un arretrato che pesa come un macigno. In questo contesto, pensare di chiudere alcuni presidi giudiziari della provincia ( tra cui Lucera) significherebbe davvero andare incontro ad un suicidio, come quello che si prospetta attraverso il varo della nuova geografia giudiziaria.
E ‘rispetto a queste situazioni che bisognerebbe prendere coscienza per varare finalmente una riforma che davvero realizzi un vero servizio ai cittadini, anziché pensare a soluzioni che andrebbero a sanare o salvaguardare solo situazioni di pochi o di alcune categorie. Non è, evidentemente, solo una questione di uomini, che pure obiettivamente esiste, oppure di spazi operativi adeguati e dignitosi o altre cose del genere. Occorre anche che al pianeta giustizia venga assicurato un modello organizzativo ed informatico moderno e più efficiente, come è successo anche in altri comparti della pubblica amministrazione, in modo tale da rendere l’operato della Magistratura agile e sfrondato da tutte quegli inutili orpelli procedurali che ne minano l’agilità e la velocità di indagine. Come è necessario fare riforme dello sconfinato apparato legislativo, che tolgano gli accertamenti penali e civili dal’impasse di un quadro a marcato sfondo burocratico, in molti casi obsoleto. E’ su questo che bisognerebbe soffermarsi e confrontarsi. Invece, ci si serve anche della Giustizia come arma per colpire politicamente (lo stiamo vedendo nella campagna elettorale in corso) e questo certamente non dà dignità ad un Paese che pretende di essere civile. Bisogna capire che con questi ritardi si abbatte la reputazione delle persone, che in quasi tutti i casi, benché assolte, finiscono di finire stritolati dalla morsa del lungo tempo trascorso e spegnersi professionalmente o politicamente, come nel caso citato in esordio. Come dire uccidere persone, carriere e lavoro.
Antonio Di Muro