Comunque finirà sarà un ospedale da campagna elettorale. Si intravedono già da ora le intenzioni dei partiti o di quanti sono candidabili a scendere nell’area della competizione elettorale. Ci spieghiamo. Sia che l’ospedale sarà soppresso o ridimensionato, sia che sarà salvato all’ultimo momento, i partiti si schiereranno per proclamarsi vincitori o, viceversa, scaricheranno sugli altri un eventuale risultato negativo. Il nostro augurio, evidentemente, è che il nosocomio riesca a salvarsi e a mettersi fuori dalla portata dei Paolo Campo ed Elena Gentile, ai quali sarà riservata una attenzione particolare alla prima occasione di ordine politico o elettorale. Lo stesso discorso si può fare per il tribunale, che i disegnatori ministeriali, impipandosi delle valutazioni obiettive circa il brillante funzionamento del presidio lucerino, hanno deciso di aggiornare la mappa con un segno bleu sul centro lucerino. Torniamo alla considerazione di apertura. Se l’argomento ospedale riempierà i giorni della prossima campagna elettorale, sarebbe il caso che si compattasse il fronte politico, non solo a beneficio del risultato finale, ma anche per misurarsi dignitosamente con quel senso del servizio che dovrebbe animare chi amministra la città. Ormai, siamo andati nel tempo dei recuperi, oltre i quali non c’è più nulla di difendere.
Qualora Lucera venisse espropriata dell’ospedale e del Tribunale, si aprirebbe una voragine incolmabile, specie in presenza di una classe politica che riesce a battersi solo per conquistare un posticino al sole al Comune e negli enti ad esso collegati. Avremmo una città denudata, offesa, vilipesa, massacrata, che chiederebbe conto della sua fine ingloriosa proprio alla classe politica. A tutta la classe politica, concetto questo che va ribadito con forza, perché tanti furbetti pensano di potersela scampare da un giudizio che sarà generalizzato e senza sconti. Insomma, salvare l’ospedale e il Tribunale può essere la carta vincente per i due schieramenti maggiori, che potrebbero alzare l’indice di gradimento, sia pure accapigliandosi in relazione alla attribuzione della paternità circa il pericolo scampato. Il discorso investe anche il campo dell’economia, che verrebbe ad essere ancor più compromessa, anzi saccheggiata nel momento in cui mancherà l’attività complessiva del presidio sanitario e di quello giudiziario. C’è da chiedersi: quale offerta si sentirebbero di presentare i partiti per compensare la perdita delle suddette strutture? Con i tempi che corrono ci sarebbe poco da prospettare, per cui non si vede quale spazio per il consenso elettorale potrebbero avere sia la sinistra che la destra sinora egemoni.
Che, indipendentemente dalle questioni di attualità, si portano dietro il gap di due deludenti esperienze: quella di Vincenzo Morlacco (per il centro sinistra), finita nel modo che sappiamo, e l’altra di Pasquale Dotoli (per il centro destra), che ha segnato una pagina tragicomica, con la dispersione di un patrimonio elettorale da capogiro. Per il centro sinistra c’è anche l’aggravante della caduta più lontana di Mimmo Bonghi (non ancora assorbita del tutto), il quale fu mandato a casa immotivatamente dalla stessa sinistra ribelle, dopo una gestione che lo aveva visto promotore indiscusso di tante realizzazioni. Dunque, sarà difficile recuperare in tempo utile al cospetto di una situazione sfilacciata, tenuto pure conto che ci si continua a beccare nell’ambito degli stessi partiti, alla ricerca di una identità che in tanti hanno ormai perduto irrimediabilmente.. Così stando le cose, è evidente che si apre uno spazio immenso per i portatori di liste civiche o, comunque, di coloro che negli ultimi tempi possono ritenersi fuori dalle lotte di bottega. E’ vero che in prossimità del voto ci sono tanti ripensamenti o, in ultima analisi, il rifugiarsi nell’area dell’astensione, però i margini recuperabili sono sempre di modesta entità.
a.d.m.


