In tanti stanno girando pericolosamente( per noi ) attorno al problema. I contatti sinora avuti a Bari sono stati tutti interlocutori, nel senso che non vi è alcuna indicazione perentoria che possa dare assicurazioni circa la salvezza dell’ospedale. Tutti dicono: l’ospedale non sarà chiuso, però…….! E’ quel però che non convince. La conclusione più ottimistica potrebbe essere quella di trovare un aggancio con l’Università, per cui il “Lastaria” diventerebbe una sorta di dèpendance dei ricercatori, che prima o poi, come è successo per altre espressioni universitarie, potrebbero sparire da un momento all’altro ( Facoltà dei Beni Culturali e Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali fanno testo al riguardo). O la nascita di un centro di oncologia, che farebbe vita a sé, pur nella prospettiva di trovare soluzioni di eccellenza ( si è parlato di una improbabile iniziativa di Umberto Veronesi). Queste due soluzioni non salverebbero l’ospedale, che vedrebbe chiusi i suoi reparti, che sono quelli che fanno la vera assistenza quotidiana, quella di routine, corrente. Se così fosse, avremmo una riconversione che di fatto segnerebbe la fine del nosocomio. Vogliamo dire che a Lucera si potrebbe anche fare medicina di ricerca o di eccellenza con le due soluzioni prima indicate (o una delle due), ma chi volesse essere ricoverato per una patologia ordinaria dovrebbe scegliersi un altro ospedale, con tutti i problemi di trasferimento soprattutto per la gente del Subappennino dauno e per i centri anche al di fuori della sua cinta.
Insomma, abbiamo la sensazione che si intenda addolcire la pillola, dandoci in contropartita un contentino che sa molto di presa in giro. Anche queste opzioni che circolsno in questi giorni non costituiscono una novità. Lo stesso ex Sindaco Peppino Mellilo nel corso di un incontro con il segretario provinciale del suo partito Paolo Campo – il Pd – ha avuto modo di manifestare le sue perplessità circa le soluzioni che si vanno immaginando, incominciando da quella universitaria. Melillo ha detto senza fronzoli che Lucera ha bisogno di un ospedale che faccia veramente cura di base e non di una porzione per la ricerca, lavoro di per sé prestigioso, ma che non risolve i problemi ordinari degli assistiti. Occorre che restino in vita quei settori portanti che giustificarono la stessa nascita del nosocomio. E, poi, perché non pensare di soffermarsi su quelle eccellenze che già ci sono? Non si è detto che l’oncologia è il fiore all’occhiello della medicina in Capitanata? Non si è detta la stessa cosa per l’ortopedia, che ha uno staff e un bacino di utenza di tutto riguardo? Non si è parlato di una cardiologia di avanguardia con l’UTIC (Unità di Terapia Intensiva Coronarica) che ha risolto molti problemi, che un tempo si riversavano soprattutto sullo ospedale di San Giovanni Rotondo? Pensate che per controllare la batteria di un semplice pacemaker si era costretti a portarsi nell’ospedale di Padre Pio!
Insomma, lo spazio di intervento è ampio e sarebbe molto grave ridurlo per ragioni di campanile, si anche per ragioni di campanile, perché qui ciascuno cerca di salvare la propria pelle buttando a mare l’altro con la compiacenza dei ras della politica del luogo. Tra quelli che sono sotto la minaccia di soppressione, senza dubbio quello lucerino è l’ospedale che meriterebbe maggiore attenzione, se non altro perché opera in un territorio molto debole dal punto di vista sociale. Non che questo aspetto debba prevalere, altrimenti faremmo opera caritatevole. Ma eppure si può far finta che non vi siano ragioni, anzi esigente basilari che possano toccare la stessa sopravvivenza di questa gente. Chi conosce lo stato attuale del territorio subappenninico, ora detto dei Monti Dauni, sa che non stiamo esagerando. Forse i signorini della sanità pugliese dovrebbero farsi vedere di più un giro da queste parti per prendere atto di una visione d’assieme che certamente non è gratificante per loro!
a.d.m.


