Sappiamo che la grande quercia “Santa Justa” è stata abbattuta, azzerata dalla furia del vento. Il gigante verde e merlettato di 30 metri di altezza e 6,30 di circonferenza ha fatto un autentico tonfo, lasciando alle sue spalle un mare di ricordi che hanno attraversato diverse generazioni. Si, perché “Santa Justa” rappresentava anche qualcos’altro per i lucerini o meglio per i loro figli in tenera età. Rappresentava il racconto della nonna, che al personaggio “Santa Justa” si appoggiava per offrire ai nipotini soluzioni e incoraggiamenti per i loro problemi e talvolta capricci. La leggenda ci parla di questo personaggio, appunto “Santa Justa”, che era considerato una sorta di giustiziere, conquistatore, un Robin Hood che accorreva sempre in difesa dei più deboli, soprattutto dei bimbi più poveri, talvolta maltrattati. Quando non c’erano i condizionatori, termosifoni, televisori, facebook ed altre diavolerie informatiche, la nonna radunava attorno al braciere nelle fredde serate di inverno i nipotini per raccontare tante favole ingannatempo e tra queste quella di un certo “Santa Justa”, che scendeva dal grande albero per andare in soccorso dei piccoli in difficoltà. Era il gigante buono. Quando si trattava di dare un segnale di rasserenamento, la nonna ricorreva al soccorso di questo personaggio, che nella sua fantasia era una specie di angelo custode.
“Santa Justa” come ci informano le cronache dell’epoca, non era altro che un cavaliere discendente da una famiglia normanna che aveva giurato fedeltà agli imperatori Federtico II e Manfredi. Dopo la sconfitta di Benevento, si rifugia insieme ai suoi fedelissimi a Lucera e, dopo la resa degli Svevi ai d’Angiò, fu costretto a nascondersi nei boschi del territorio lucerino. E in quel luogo “regnava” la secolare quercia di “Santa Justa”, da cui prese il nome, ovviamente nella fervida immaginazione della nonna raccontastorie. E ai bimbi di oggi cosa dirà la nonna se l’albero-dimora di “Santa Justa” non c’è più? Siamo certi che la nonna saprà sbrigarsela egregiamente, magari dicendo che il condottiero ha solo cambiato residenza. E naturalmente saranno orfani anche i tanti appassionati delle gesta di Federico II, che sotto i suoi rami amava riposarsi durante le torride estati della Capitanata, come ci ricorda anche il romanzo scritto dallo scrittore locale Gaetano Pitta e dai tanti poeti dialettali che si sono succeduti nel tempo.