E’ diventato una sorta di casella postale della politica. Gli scrivono consiglieri di maggioranza, gli fanno recapitare comunicati attraverso i siti online, fanno affluire raccomandazioni, messaggi, suggerimenti e quant’altro giusto perché impari il mestiere di Sindaco. Il riferimento a Pasquale Dotoli è fin troppo ovvio. Ultimamente anche Vito Maggi ( eletto nel PDL con 181 voti ed entrato in Consiglio Comunale a seguito delle tante giravolte di ingressi in Giunta e uscite dalla stessa e conseguenti sostituzioni tra i banchi della massima assise), gli ha fatto sapere che d’ora in poi si asterrà da qualsiasi attività di partito, tenuto conto che esce insoddisfatto dall’esperienza politica che ha voluto abbracciare in casa pidiellina. Maggi, ovviamente, può dire e fare quello che vuole. Come si dice? Ne ha facoltà. Non è l’ultimo caso di esponenti dei partiti della maggioranza che col Sindaco parlano per corrispondenza, mentre sarebbe il caso che si avesse un contatto diretto, fisico con colui che esprime la sintesi dell’Amministrazione. Già in passato abbiamo stigmatizzato questo comportamento, che non viene compreso dai cittadini, i quali giustamente pensano che all’interno della maggioranza debba prevalere lo spirito di collaborazione. Questi signori sostanzialmente addebitano a Dotoli il fatto di essere sordo e di non tener conto delle loro osservazioni. Testa dura, dicono, questo Dotoli che viaggia come un diretto e senza voltarsi indietro, neppure quando sarebbe il caso di fermarsi un po’ e riflettere sui consigli provenienti dal suo stesso ambito politico.
Noi non sappiamo se Dotoli faccia il sordo o piuttosto il pompiere, però sappiamo che tutto ciò è paradossale, anche perché mancano smentire ufficiali. Lo strano è che nessuno prende carta e penna e sfiducia Dotoli, cosa che sarebbe semplicissima se veramente ci fosse un vuoto di direzione e una scarsa aderenza alla impostazione programmatica da parte della maggioranza o di quella che resta. In presenza di questa situazione, Dotoli va avanti per la propria strada. Lo ha detto nella conferenza stampa di fine anno, quando ha riconosciuto che la politica è in difficoltà, ma lui non mollerà, quasi facendo intendere che porterà tutti allo scoperto per una assunzione diretta e formale di responsabilità. Il suo intervento alla vasellina è stato impostato tutto su quello che è in cantiere (molto), quasi a lavarsi le mani qualora qualcuno (o alcuni) volesse mandarlo a casa. Ha ammesso che ci sono difficoltà politiche, ma queste risalgono a tempi lontani, alla gestione Labbate e Morlacco.
Ed è vero. Però - ed è qui che casca l’asino – Dotoli aveva impostato la campagna elettorale proprio sulla discontinuità, perché voleva far piazza pulita di quelli che avevano reso difficile la vita già ai suoi due predecessori, anche in maniera violenta ed inqualificabile, stile mafioso. E’ evidente che la responsabilità è del suo partito, che è andato spesso in decomposizione, un partito che è il mix del nulla, di gente alla ricerca di approdi improbabili. Un partito – il PDL – che è ridotto ad una sede di rissa continua, al punto da costringere il buon Peppino De Sabato a mollare, a rinunciare a tutte le buone intenzioni di mettere pace. Forse non c’è il coraggio di arrivare alla crisi, perché con la riduzione dei consiglieri nelle prossime elezioni molti di questi signori dovranno andare all’ospizio. E se questo dovesse accadere, chi approverà il PUG per il quale ci sono molti interessi da tutelare circa la designazione dei suoli? Meglio lasciar stare e tenere Dotoli sulla graticola. Gioco temerario, spregiudicato, che prima o poi provocherà tante vittime.
a.d.m.


