Il pericolo della soppressione dell’ospedale e del tribunale hanno indotto l’ex Sindaco democristiano Giuseppe Melillo ( 1988-1992), componente ascoltato del Pd lucerino, ad una profonda riflessione circa il progressivo depauperamento del patrimonio cittadino. E lo ha fatto avendo soprattutto come destinatari i suoi colleghi di area politica, anche a difesa di quella Prima Repubblica spesso considerata incautamente responsabile di tutti i nostri mali e guasti. L’ex primo cittadino ha giustamente rivendicato l’impegno della classe politica e dirigente degli anni ‘90 per scongiurare sin da allora i tentativi di portare altrove o chiudere istituzioni lucerine, alcune delle quali davano prestigio alla Capitanata. O per far localizzare enti di primaria importanza sociale al servizio anche dei centri limitrofi, che da sempre fanno capo a Lucera. Melillo, tra l’altro, ha ricordato l’apertura della sede zonale dell’INPS, che consente anche agli abitanti del Subappennino di avere a disposizione servizi a più stretto contatto con la gente e specie con quelle fasce deboli. Lucera, inoltre, aveva un ospedale oftalmico unico nel suo genere, “Santa Lucia”, nel quale hanno operato oculisti di prima linea ( Civetta, Cavalli, Pennacaroppi ecc.) e quel Francesco Lastaria che nobilitò la chirurgia quando in questi locali si effettuavano anche interventi di avanguardia della medicina interventistica.
Per l’Università a Lucera ci fu una mobilitazione generale, per cui alla fine la città venne riconosciuta meritevole di una sezione staccata di alto profilo culturale, che onorava la vocazione della città in questo settore: corso di laurea in beni culturali ad indirizzo archeologico. Inoltre, erano aperti gli uffici dell’Enel, dell’Acquedotto Pugliese, il macello comunale, l’asilo nido di via Salvo d’Acquisto e successivamente di via Petrarca (gli attuali servizi sociali), la casa di riposo allora gestita dal Comune per evitare la soppressione giustificata dalla inadeguatezza della struttura anche sotto il profilo igienico-sanitario. Tante di queste realtà sono state soppresse, a cominciare da quest’ultima espressione universitaria, che, per trascinamento, si è portata appresso anche la scuola di professione di professione forense. Insomma, per Melillo una città che si va impoverendo, per cui occorre tanto impegno politico per fermare la corsa. Ora, bisogna cercare di difendere quelli che si possono definire gli ultimi presidi di grandi tradizioni: il Tribunale e l’ospedale, attorno ai quali ruota anche molta parte della povera economia locale. L’augurio è che sarà possibile, pena il decadimento definitivo dello stesso quadro sociale.
Chiediamo a Peppino Melillo come è stato possibile ridurci in questo stato e difendere il patrimonio lucerino anche durante il suo mandato. Così l’ex Sindaco:” Il mantenimento e la difesa di tali istituzioni cittadine ha comportato certamente grandi ed energiche assunzioni di responsabilità politico-amministrative; talvolta anche rischi giudiziari di quella classe dirigente che aveva il coraggio di sfidare con qualsiasi mezzo altri poteri, per lo più burocratici, poco sensibili agli aspetti sociali che taluni enti hanno. Chi legge potrebbe pensare a semplicistiche nostalgie del passato e, magari, imbarcarsi in ipocrite elucubrazioni mentali finalizzate ad attaccare la classe dirigente del passato unicamente per difendere quella presente. Onestamente, bisognerebbe riconoscerlo, da quando non si pone più al centro dell’azione amministrativa il “mettersi al servizio dei bisogni dei cittadini”, Lucera, da due decenni, vive una cupa stagione di crisi anche di etica politica. Unitamente ad alcuni interessi per lo più di carattere familiare (oggi la città è nelle mani di alcune bene individuate famiglie, fateci caso!), nella classe politico- amministrativa della città l’insipienza politica la fa da padrone, e…..intanto il tempo dei giorni che passano pigri conduce la città alle cose perdute!”
a.d.m.


